La lebbra, o malattia di Hansen, è tutt’altro che un problema superato. Diffusa in tutto il mondo, questa malattia è ancora causa di sofferenze, disabilità, stigma ed emarginazione, soprattutto tra le fasce più povere della popolazione, nei paesi in via di sviluppo e non solo. Conoscere la lebbra è quindi importante per continuare a contrastarla: cos’è, come ci si contagia, quali sono i sintomi, che conseguenze può avere, come si cura.
Se è vero che le parole hanno un peso, quello che si trascina dietro il termine lebbra è davvero gravoso, difficile da sopportare. Da secoli, infatti, questa patologia, che andrebbe più correttamente chiamata malattia di Hansen, si porta dietro una lunga scia di sofferenze fisiche, psichiche e stigma sociale. Anche nel linguaggio comune, essere “lebbrosi”, cioè malati di lebbra, è usato come espressione paradigmatica del massimo grado di emarginazione. Un utilizzo che ha radici culturali profonde, che si intrecciano con la religione. Nella tradizione biblica dell’Antico Testamento, i lebbrosi sono gli impuri, puniti da Dio; mentre nel Nuovo Testamento e poi in tutta la tradizione cristiana, è a loro che sono destinati i più eclatanti gesti di pietà e accoglienza. Numerose, poi, sono le apparizioni della lebbra in letteratura. Ne sono un esempio Koolau il lebbroso, di Jack London, o il più recente L’isola, di Victoria Hislop. Questa dimensione culturale e storica, però, oltre a confermare i pregiudizi che gravano su chi è affetto da lebbra, rischia di oscurare la dimensione medica di questa malattia e la sua conoscenza. Una tendenza che porta poi a credere erroneamente che la lebbra sia un problema del passato e non dell’oggi. Vale la pena, quindi, conoscere un po’ meglio il morbo di Hansen: cause, sintomi, conseguenze e possibili cure.
Cos’è la lebbra
Da un punto di vista strettamente medico, la lebbra è una malattia infettiva cronica causata dal batterio Mycobacterium leprae. Colpisce principalmente la cute, i nervi periferici e gli occhi. Le origini della malattia di Hansen non sono ancora state ricostruite in modo esatto, alcuni studi le collocano in India o in Africa, altri in Europa. I più antichi resti umani con segni evidenti di lebbra risalgono a duemila anni prima di Cristo e sono stati rinvenuti Pakistan. Questa patologia, poi, è stata ampiamente descritta in epoca romana, da autori come Plinio il Vecchio. È però nel Medioevo che la diffusione della lebbra è cresciuta esponenzialmente, tanto da diventare un problema sociale molto sentito e da portare alla nascita dei lebbrosari, luoghi di segregazione dei malati. Oggi la lebbra, endemica in più di 120 paesi, è inserita all’interno della lista delle cosiddette Malattie Tropicali Neglette (MTN), stilata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ogni anno, nel mondo, sono 200.000 circa le persone diagnosticate. È importante però sottolineare come tale numero sia progressivamente diminuito negli ultimi40 anni, grazie alla messa a punto di nuove e efficaci cure.
La lebbra può manifestarsi in diverse forme, che corrispondono ad altrettanti livelli di gravità e fasi della malattia:
- lebbra paucibacillare: sono caratterizzate da un certo grado di risposta immunitaria all’infezione, con sintomi generalmente meno gravi e sono considerate non contagiose;
- lebbra multibacillare: sono le forme cliniche contagiose, che si manifestano quando l’organismo non presenta una risposta immunitaria adeguata dopo l’infezione permettendo al batterio di proliferare e di generare sintomi più gravi.
Per molti secoli, le conoscenze mediche sulla lebbra sono rimaste insufficienti e i programmi di controllo hanno avuto come obiettivo praticamente unico quello di arginare la diffusione dell’infezione attraverso la segregazione. La svolta si è avuta nel 1873, quando il dermatologo norvegese Gerhard Armauer Hansen ha isolato per primo il batterio responsabile della malattia (che da quel momento prese il suo nome).
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Come si contrae e come si trasmette la lebbra: causa e meccanismi di contagio
La scoperta di Hansen ha permesso di identificare con esattezza la causa della lebbra e quindi di fare grandi progressi nella conoscenza dei meccanismi di trasmissione della malattia, consentendo di identificare e, nel tempo, di perfezionare le terapie. Le persone si contagiano dopo un contatto stretto e prolungato con una persona già malata e che presenta una forma contagiosa. La trasmissione avviene prevalentemente attraverso le vie aeree superiori, attraverso le goccioline di saliva disperse nell’ambiente (la cosiddetta droplet infection). Il contatto occasionale o di breve durata, invece, non risulta pericoloso. Inoltre, i ricercatori hanno identificato un deficit dell’immunità cellulo mediata che determinerebbe una predisposizione ad ammalarsi. Infatti, la maggior parte delle persone, dopo il contagio, non si ammalano perché il sistema immunitario è in grado di neutralizzare il batterio.
I sintomi della lebbra
I sintomi principali della lebbra sono:
- comparsa di lesioni sulla cute sotto forma di macule chiare o rossastre, che presentano una diminuzione della sensibilità termica, dolorifica e tattile, , ma anche di papule, noduli o placche;
- interessamento dei nervi periferici degli arti superiori, inferiori e dell’apparato visivo (neuriti).
Una delle caratteristiche più insidiose della lebbra è il periodo di incubazione della malattia (il tempo che passa dal contagio alla comparsa dei primi sintomi): in media tra i 2 e 5 anni. I sintomi progrediscono lentamente e quindi la diagnosi e il trattamento precoci sono essenziali per prevenire le complicazioni e le disabilità.
Conseguenze e complicanze della lebbra
La diagnosi tardiva e l’impossibilità di accedere a cure adeguate sono invece le principali cause dell’insorgere delle conseguenze più gravi della lebbra:
- danni ai nervi periferici (neurite cronica progressiva e neuriti acute), con progressiva perdita della sensibilità nelle mani, nei piedi e in altre parti del corpo: una situazione che espone la persona ai traumi e a ferirsi, aumentando il rischio di infezioni secondarie e la formazione di ulcere cutanee
- diminuzione della forza muscolare, fino alla paralisi,
- complicazioni dell’apparato visivo, come secchezza oculare, iridocicliti (acute e croniche), ulcere corneali, e conseguente diminuzione della visione, fino alla cecità.
Quindi la malattia può causare disabilità permanenti. Essendo strettamente collegati alla qualità dell’assistenza medica e delle cure, gli esiti più gravi della lebbra sono molto diffusi nei paesi poveri tra le fasce più vulnerabili della popolazione. In questi contesti, quindi, la lebbra, ancora oggi, è al contempo causa e conseguenza di esclusione sociale ed emarginazione.
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Come si cura la lebbra
Come già detto, la diagnosi tempestiva, clinica e di laboratorio, è fondamentale nel percorso di trattamento della lebbra, anche in termini di prevenzione delle disabilità . Ciò che però è davvero fondamentale sapere è che la lebbra si può curare e che non è affatto una malattia inguaribile come molti credono. Il trattamento efficace, denominato polichemioterapia (PCT), introdotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1981, è una combinazione di tre farmaci:
Il trattamento dura da 6 a 12 mesi, a seconda della gravità e del tipo di lebbra, e prevede l’utilizzo e la combinazione dei seguenti tre farmaci:
- Rifampicina, un potente antibiotico che uccide rapidamente il Mycobacterium leprae (battericida) e ne riduce la contagiosità già dopo poche dosi;
- Clofazimina, che ha un’azione antinfiammatoria e batteriostatica;
- Dapsone, un altro batteriostatico.
La polichemioterapia, fornita gratuitamente dall’OMS nei Paesi endemici, è molto efficace e, dopo la prima dose di trattamento, la persona affetta non è più contagiosa. Con il completamento del ciclo terapeutico, la persona è considerata guarita, anche se le disabilità fisiche possono essere permanenti se la diagnosi è stata tardiva.
Oltre al teattamento, nei casi più avanzati possono essere necessarie altre cure per gestire le complicazioni, come la chirurgia correttiva, la fisioterapia per il recupero della mobilità, o i trattamenti per problemi oculari e delle ulcere cutanee.
Come combattere la lebbra, la strategia di AIFO
Per un mondo senza lebbra
I programmi di controllo della lebbra hanno raggiunto risultati ragguardevoli nel corso degli ultimi tre decenni. Tuttavia, continuano a verificarsi nuovi casi nel mondo, il che indica una prosegue la trasmissione dell’infezione. Da quando si dispongono farmaci efficaci, il trattamento precoce e lo screening dei contatti sono raccomandati come passi fondamentali per interrompere la catena di trasmissione della malattia. Ma affinché l’impatto dei programmi di controllo sia sostenibile, un fattore è imprescindibile: il controllo della malattia, con effetti duraturi, che richiede un miglioramento socioeconomico della popolazione che vive nei Paesi considerati endemici. In definitiva, il cammino verso un mondo senza lebbra è lungo e presuppone quanto segue:
- una leadership attiva da parte dei Governi dei Paesi endemici, sostenuti da partner internazionali;
- una distribuzione regolare dei farmaci standard per il trattamento (Polichemioterapia);
- il coinvolgimento delle persone colpite dalla lebbra e delle loro organizzazioni, garantendo la partecipazione dei loro rappresentanti nelle sedi istituzionali;
- prevenire le disabilità causate dalla malattia, perché nessun programma di controllo può definirsi efficiente se non è in grado di diagnosticare precocemente le persone colpite dalla malattia, prima dello sviluppo di qualsiasi disabilità;
- promuovere l’inclusione sociale delle persone colpite, eliminando le barriere politiche, sociali e culturali, in particolare garantire l’inserimento nel mondo del lavoro e lo sviluppo di attività produttrici di reddito volte al miglioramento delle condizioni economiche.
- promuovere la ricerca scientifica costruendo il consenso sulle priorità di ricerca che la comunità mondiale è invitata a sostenere: vedi il vaccino attualmente nell’ultima fase di sperimentazione e l’identificazione di nuovi farmaci, come il “Telacebec program for leprosy” sostenuto anche da AIFO;
- promuovere reti di collaborazione internazionali, come ad esempio la Global Partnership for Zero Leprosy (GPZL), fondata nel 2018; una rete di partenariato che include varie istituzioni, tra cui l’OMS, come osservatrice, la Federazione internazionale delle associazioni anti-lebbra (ILEP), di cui AIFO è membro fondatore, e l’International Association for Integration, Dignity and Economic Advancement (IDEA), formata da organizzazioni di persone colpite dalla malattia.
Fonti utilizzate:
- Fonti AIFO
- Manuale di Leprologia, dott. Nunzi
- Dossier Lebbra nel mondo AIFO 2024
- Bollettino OMS dati Lebbra 2023