L’inclusione scolastica degli studenti con disabilità in Italia ha fatto molti passi avanti ma resta ancora una sfida aperta. Lo confermano i dati relativi all’accessibilità delle scuole, alla formazione degli insegnanti e alla disponibilità e utilizzo dei supporti per realizzare una didattica inclusiva. Quali sono le barriere ancora da superare? E quali strategie possono garantire un’istruzione davvero inclusiva per tutti?
L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità è un principio fondamentale del sistema educativo italiano, frutto di un lungo percorso normativo e culturale. Oggi, garantire a tutti gli studenti pari opportunità di apprendimento significa non solo abbattere le barriere architettoniche, ma anche creare un ambiente scolastico realmente accogliente, in cui la diversità sia valorizzata come risorsa. Se da un lato la legislazione italiana ha fatto passi avanti significativi, dall’altro la realtà quotidiana nelle scuole dimostra che la strada verso un’inclusione effettiva è ancora lunga. Dati, norme e pratiche educative raccontano un sistema che ha gettato basi solide, ma che deve ancora superare criticità strutturali e operative per rendere l’istruzione accessibile a tutti. Analizzare l’attuale situazione è cruciale per poter progettare il futuro.
Gli alunni con disabilità nelle scuole italiane
Partiamo da una fotografia della realtà: quanti sono gli studenti con disabilità in Italia? A rispondere con certezza è l’Istat, che pubblica annualmente un report dedicato all’argomento. Gli ultimi dati disponibili, relativi all’anno scolastico 2022/2023, parlano di 338mila alunni con disabilità nei diversi ordini e gradi di istruzione, cioè il 4,1% del totale degli iscritti (ma la quota sale al 5% nella scuola primaria e nella secondaria di I grado). Quasi tutti (97%) con certificazione di disabilità o invalidità, che permette l’attivazione del sostegno scolastico. Inoltre, molti di loro (quasi il 40%) presentano più di una tipologia di disabilità. I casi più numerosi sono quelli di disabilità intellettiva (37%) o di disturbi dello sviluppo psicologico (32%). Meno frequenti, invece, le problematiche relative alla disabilità motoria (10,5%) e alla disabilità visiva o uditiva (circa 8%). Uno studente su quattro, poi, manifesta disturbi dell’apprendimento o dell’attenzione. Interessante anche il dato relativo al rapporto tra i sessi: gli studenti con disabilità maschi sono più del doppio delle femmine, un dato confermato anche da recenti indagini scientifiche e statistiche, che evidenziano sensibili differenze di genere in vari disturbi dello sviluppo neurologico (come quelli dello spettro autistico). Per quanto riguarda le difficoltà che questi studenti riscontrano a scuola, le più impattanti sono quelle nella comunicazione (21%) e nell’andare in bagno (19%); meno frequenti, invece, le criticità nello spostarsi (13%) o nel mangiare (9%). C’è poi, però, chi si trova ad affrontarne più di una o addirittura tutte e quattro.
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La normativa per l’inclusione degli studenti con disabilità
Nel corso degli anni, come conferma lo stesso Istituto Italiano di Statistica, la popolazione degli alunni con disabilità è diventata progressivamente più numerosa. Solo nell’ultimo anno, ad esempio, il numero assoluto di questi studenti è cresciuto del 7%. Parallelamente, quindi, cresce anche l’urgenza di arrivare ad una loro piena e reale inclusione nel percorso di studio e formazione. Quello dell’inclusione scolastica in Italia è un percorso avviato ormai decenni fa e ad oggi sono numerose le norme che se ne occupano, disciplinando i vari aspetti, dall’abbattimento delle barriere architettoniche allo sviluppo di una didattica specifica. Ecco una breve sintesi dei riferimenti legislativi più importanti in tema di inclusione scolastica dei minorenni con disabilità.
- Articoli 3, 34 38 della Costituzione. La norma più diretta è l’articolo 38, che riconosce alle persone con disabilità il “diritto all’educazione e all’avviamento professionale”. La norma, però, acquisisce ancora più forza se letta in collegamento con l’articolo 34, dedicato proprio all’istruzione, con cui si afferma che “la scuola è aperta a tutti”, e con l’articolo 3, che sancisce il principio generale di uguaglianza tra tutti i cittadini.
- Legge 118/1971 e Legge 517/1977. Nel corso degli anni ’70, con queste due leggi (a cui va aggiunto il D.P.R. 970/1975) l’Italia ha compiuto un importantissimo passo in avanti, abbandonando l’idea che gli alunni con disabilità avessero bisogno di essere “ghettizzati” in classi differenziali e favorendo il loro inserimento nella scuola dell’obbligo e nelle classi comuni, affiancati da insegnanti di sostegno.
- Legge 104/1992. È la legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità e rappresenta un ulteriore punto di svolta, perché introduce nuovi strumenti operativi e figure professionali che le scuole possono (e devono) utilizzare per includere gli studenti con disabilità, come gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione e i piani educativi personalizzati.
- Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità del 2009. Anche se non sono un testo legislativo, costituiscono un documento importante, perché segnano il passaggio dal concetto di integrazione a quello di inclusione e perché forniscono indicazioni operative per l’applicazione della relativa normativa In particolare, definiscono il concetto di inclusione scolastica come un processo che coinvolge tutta la comunità educante, sottolineano il ruolo degli insegnanti curricolari oltre a quelli di sostegno, promuovono il ruolo attivo delle famiglie e la collaborazione tra scuola e servizi territoriali, indicano strategie metodologiche e strumenti operativi per favorire l’apprendimento degli alunni con disabilità.
- Legge 170/2010. È la legge che riconosce i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e stabilisce misure di supporto per gli studenti con dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia.
- Decreto Legislativo 66/2017 (poi modificato dal D.Lgs. 96/2019). Con questo intervento, sono state razionalizzati gli strumenti dell’inclusione scolastica, cercando di dargli omogeneità a livello nazionale. Nello specifico, è stato previsto un modello nazionale di Piano Educativo Individualizzato (ulteriormente riformato nel 2020), è stato istituito il GLO – Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione (un team formato da docenti, specialisti e famiglie per definire il PEI e monitorarne l’attuazione), è stata rafforzata la collaborazione tra docenti curricolari e di sostegno, è stata strutturata una maggiore integrazione con i servizi sanitari e sociali per garantire un approccio multidisciplinare.
Presi nel loro insieme e in prospettiva evolutiva, questi testi normativi rappresentano l’ossatura del sistema che l’Italia ha pensato per garantire ai bambini e ai ragazzi con disabilità il diritto all’istruzione. Un sistema che si muove all’interno di uno schema più ampio, disegnato a livello continentale e internazionale. In tal senso, parlando di scuola e inclusione, non possono non essere menzionati:
- la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (2006), che sancisce il diritto all’istruzione inclusiva per le persone con disabilità, senza discriminazioni;
- la Direttiva UE 2000/78/CE, che vieta la discriminazione delle persone con disabilità in ambito lavorativo e scolastico;
- l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile che dedica l’Obiettivo 4 all’istruzione di qualità e promuove l’inclusione e l’equità nell’educazione a livello globale.
Edifici scolastici e barriere architettoniche
I progressi legislativi fatti negli anni in Italia, però, non hanno messo al riparo gli studenti con disabilità da situazioni in cui i loro diritto ad andare a scuola è violato. Il cammino verso la piena inclusione è ancora lungo e purtroppo le criticità sono molteplici. Le difficoltà maggiori sono quelle che riguardano l’accessibilità degli edifici scolastici, come rilevato sempre dall’Istat. Basti pensare che il 60% delle scuole non è accessibile per gli alunni con disabilità motoria. Una quota che sale addirittura all’83% per gli alunni con sordità o ipoacusia e sfiora il 99% per quelli ciechi o ipovedenti.
I problemi più diffusi riguardano la mancanza di:
- ascensore adatto al trasporto delle persone con disabilità (50% delle scuole);
- servo scala interno (35%):
- bagni a norma (26%);
- rampe interne per il superamento di dislivelli (24%);
- scale non a norma (7%)
- porte non a norma (3%).
L’inclusione in classe: gli insegnanti di sostegno e gli assistenti all’autonomia
Altro fattore di esclusione è dato dall’assenza di personale specializzato in numero adeguato. Come già sottolineato, l’introduzione della figura dell’insegnante di sostegno è stata di fondamentale importanza nella costruzione del percorso di inclusione. Ad oggi, però, la gestione di questi docenti presenta numerose criticità. Ad un primo colpo d’occhio, i numeri potrebbero sembrare positivi: in Italia ci sono quasi 230mila insegnanti di sostegno, con una media di 1 ogni 1,6 alunni (in linea con la normativa, che ne prevede almeno 1 ogni 2). E a ciascuno studente con disabilità vengono garantite 15 ore di sostegno settimanali. Il problema è che quasi un terzo di questi docenti è stato selezionato pescando dagli elenchi degli insegnanti curriculari (quindi non specializzati sul sostegno) e non ha una formazione adeguata. E questo accade perché mancano insegnanti specializzati. A questo, si aggiungono almeno altri due malfunzionamenti che inficiano sulla qualità del supporto dato all’alunno con disabilità:
- il 12% degli insegnanti di sostegno arriva in classe più di un mese dopo l’inizio delle lezioni;
- quasi il 60% degli alunni cambia insegnante di sostegno da un anno all’altro.
Per quanto riguarda gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione (figure di supporto al docente di sostegno), in tutta Italia ce ne sono circa 68mila, 1 ogni 4,4 alunni. Mancano, però, quelli con specifiche competenze. Ad esempio, solo il 4,5% conosce la lingua dei segni. Anche in questo caso, quindi, carenze quantitative e qualitative vanno di pari passo.
La sfida della didattica inclusiva
Quando si parla delle difficoltà dell’inclusione scolastica, però, il capitolo più corposo è quello che riguarda la didattica, perché coinvolge diversi piani: supporto tecnologico, formazione dei docenti (sia curriculari che di sostegno), attività extrascolastiche. Procediamo con ordine.
Tecnologie didattiche per l’inclusione
Per uno studente con disabilità, poter disporre di strumenti didattici specifici è molto importante. Per fortuna, i progressi tecnologici hanno permesso di sviluppare supporti molto efficaci, come programmi di video-scrittura, sintesi vocale, riconoscimento ottico di caratteri, ebook e audiolibri, fogli di calcolo, programmi per la creazione di mappe. Strumenti che spesso, però, non sono presenti nelle scuole italiane. Ad esempio, in Italia, è ferma ancora al 73% la quota delle scuole primarie e secondarie che dispongono di postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni con disabilità e più di una scuola su quattro definisce insufficiente la propria dotazione. Inoltre, per favorire una didattica inclusiva è importante che le postazioni informatiche adattate si trovino all’interno della classe, ma questo avviene solo nella metà dei casi. Altra nota dolente è la formazione e l’aggiornamento del corpo docente sull’uso didattico di questi strumenti: solo nel 25% delle scuole tutti gli insegnanti di sostegno hanno frequentato almeno un corso, mentre nell’8% delle scuole nessuno ha mai frequentato un corso specifico. Di conseguenza, se pochi conoscono bene queste tecnologie, pochi le usano: solo nella metà delle scuole tutti gli insegnanti vi fanno ricorso per realizzare una didattica inclusiva, nelle restanti strutture l’utilizzo è limitato a pochi insegnanti o completamente assente. E la situazione peggiora ancora se si guarda gli insegnanti curriculari: sono solo il 7% quelli che, avvalendosi di nuove tecnologie, predispongono materiali accessibili agli studenti con disabilità.
Il rapporto con i compagni e le attività extrascolastiche
L’altro fattore che incide moltissimo sull’apprendimento di un bambino o di un ragazzo con disabilità è la relazione con i compagni, anche e soprattutto nel contesto di attività che avvengono fuori dall’aula. E questo è anche uno degli ambiti su cui è più urgente lavorare. Fortunatamente, già oggi l’alunno con disabilità trascorre in classe la quasi totalità del tempo scolastico (28 ore contro le tre passate fuori, solo con l’insegnante di sostegno). La situazione cambia se si guarda alle attività extra aula, come le gite. Nel caso di gite senza pernottamento, vi prende parte più dell’80% degli alunni con disabilità. Ma la quota crolla al 38% se la gita prevede il pernottamento fuori casa. La situazione non è molto migliore se si considerano le attività extra-didattiche organizzate nel corso dell’orario scolastico, come i laboratori o quelli teatrali, a cui prendono parte meno della metà degli alunni con disabilità. Viceversa, risulta molto alta (92%) la partecipazione alle attività di educazione motoria. Positivo anche il dato relativo alla partecipazione alle attività laboratoriali nella secondaria di II grado, che si attesta al 72%.
Investire sul futuro dell’inclusione a scuola
Da quanto detto finora emerge come l’inclusione scolastica in Italia sia una sfida in continua evoluzione. Il quadro normativo è molto avanzato, ma il vero traguardo si raggiunge solo con l’applicazione concreta delle misure previste. Ed è qui che il sistema si rivela ancora debole. Il futuro dell’inclusione scolastica dei ragazzi con disabilità, quindi, passa necessariamente attraverso investimenti mirati: più formazione per i docenti e più risorse per l’accessibilità delle strutture. Il tutto, accompagnato da una crescita culturale che metta al centro l’individualità di ogni studente e lo renda partecipe (insieme alla famiglia di appartenenza) delle scelte che lo riguardano. Solo con un impegno collettivo di scuole, famiglie, istituzioni e comunità sarà possibile costruire un sistema scolastico in cui nessuno sia lasciato indietro.